Ugo Forno

Ugo FornoUgo Forno è un bambino molto particolare. Nato il 27 aprile 1932, il ragazzo ha 12 anni quando si trova coinvolto in uno scontro per difendere il ponte ferroviario sull’Aniene, vicino a Roma.
E’ il 5 giugno 1944 quando a Roma si cominciano ad attendere gli Alleati. I tedeschi prevedendo il loro arrivo decidono, per fermarli, di far saltare in aria il ponte che è parallelo alla via Salaria e che collega Roma con Firenze.
Ugo Forno ne sente parlare da alcuni uomini e decide di intervenire: prende un fucile e altre armi abbandonate, trovate in una grotta, e si dirige con altri amici a cercare dei volontari per fermare i tedeschi.
Gli uomini guidati da Ugo Forno arrivano vicino al ponte mentre i guastatori hanno quasi concluso il loro lavoro e cominciano a sparare per disturbarli. I tedeschi, che sanno che non sono gli americani a sparare, non riescono però a completare la loro opera. Per vendicarsi però, cominciano a rispondere al fuoco con un mortaio.
I colpi raggiungono alcuni ragazzi alle gambe, alle braccia e un ben due raggiungono Ugo, sul petto e in testa.
I tedeschi fuggono, Roma è ormai libera e quel ponte continua a collegare Roma con Firenze e oggi porta il suo nome. Quello di un ragazzo morto per la libertà.

Storia – La fondazione di Roma

Secondo la leggenda, le origini di Roma risalgono all’Asia Minore, in particolare nella città di Troia. Mentre le fiamme avvolgono la nobile e ricca città a lungo assediata dai Greci (com’è raccontato nell’Iliade di Omero), Enea, figlio di Venere, fugge con il padre Anchise e il figlio Ascanio. La sua storia è narrata da Virgilio, nell’Eneide, in un chiaro esempio di propaganda imperiale! Sotto l’imperatore Augusto, infatti, nasce la volontà di nobilitare le origini romane e chi più nobile dei Greci, padri del pensiero filosofico occidentale? E’ così che nasce il mito di Enea che, alla fine di un lungo viaggio, approda nel Lazio. Come ci racconta Tito Livio, Enea fonda una città, Lavinio, in onore della sua sposa, Lavinia, figlia del re Latino.

Da Enea discendono varie generazioni, fino a giungere al re Numitore, che costringe la figlia del fratello Amulio, Rea Silvia, a diventare vestale (una sacerdotessa che deve votarsi alla castità). Il dio Marte, innamoratosi di Rea Silvia, si unisce a lei, facendo nascere due gemelli, Romolo e Remo. Rea Silvia viene uccisa dal re e i bambini abbandonati nel fiume Aniene. Una lupa li vede e decide di allattarli e prendersene cura (“lupa”, in latino, è una parola che ha anche l’accezione di “prostituta”), per poi essere curati da Faustolo e Laurenzia. Divenuti grandi e conosciuta la loro identità, i due giovani, con l’aiuto di numerosi seguaci arruolati tra i fuorilegge dell’epoca, si vendicano di chi li ha abbandonati, uccidendo Amulio.

Romolo e Remo decidono di fondare una città. Ma chi deve esserne il re? Essendo gemelli, non è possibile valutare chi è più anziano e allora decidono di affidare ai segnali degli dèi il compito di indicare chi ha diritto di diventare re della nuova città. Romolo sceglie di andare sul colle Palatino, Remo sull’Aventino. Secondo Tito Livio, il primo presagio, costituito da sei avvoltoi in volo, è a favore di Remo, ma in seguito ne appaiono dodici a Romolo. Quest’ultimo reclama la primazia sulla base del numero, Remo sulla base del tempo di apparizione. Anche i seguaci si schierano a favore dell’uno o dell’altro e ne nasce una lotta. Remo, per prendere in giro il fratello, scavalca il solco sul terreno che delimita il confine della città di Romolo e quest’ultimo, irato, lo uccide. E diventa re della città. E’ il 21 aprile del 753 a.C.: giorno in cui nasce la città che dominerà per 1.000 anni il Mediterraneo, costituendo il più grande impero dell’Occidente. Una città che, secondo la leggenda, ha origini nel nobile pensiero greco, nella bellezza di Venere e nella forza di Marte.

Strage di Capaci

Il 23 maggio 1992 l’Italia perdeva una delle figure più importanti nella lotta alla mafia: il giudice Giovanni Falcone, in prima linea contro Cosa Nostra, veniva ucciso in un terribile attentato (l’esplosione di 5 quintali di tritolo al passaggio della sua auto in autostrada), nel quale hanno perso la vita anche la moglie e tre agenti della scorta (eroi pronti a sacrificare la propria vita accompagnando, per uno stipendio ridicolo, quello che sapevano essere un obiettivo della mafia). Meno di due mesi dopo, il 19 luglio, la mafia replicava con l’omicidio a Palermo del grande amico e collaboratore di Falcone, Paolo Borsellino.

Giovanni Falcone
Il giudice anti-mafia Giovanni Falcone
Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo
Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo
Il teatro dell'attentato a Falcone a Capaci
Il teatro dell'attentato a Falcone a Capaci
La prima pagina del Corriere della Sera
La prima pagina del Corriere della Sera