I topi – Dino Buzzati

topoChe ne è degli amici Corio? Che sta accadendo nella loro vecchia villa di campagna, detta la Doganella? Da tempo immemorabile ogni estate mi invitavano per qualche settimana. Quest’anno per la prima volta no. Giovanni mi ha scritto poche righe per scusarsi. Una lettera curiosa, che allude in forma vaga a difficoltà o a dispiaceri familiari; e che non spiega niente.

Quanti giorni lieti ho vissuto in casa loro, nella solitudine dei boschi. Dai vecchi ricordi oggi per la prima volta affiorano dei piccoli fatti che allora mi parvero banali o indifferenti. E all’improvviso si rivelano.

Per esempio, da un’estate lontanissima, parecchio prima della guerra – era la seconda volta che andavo ospite dei Corio – torna a mente la seguente scena: Mi ero già ritirato nella camera d’angolo al secondo piano, che dava sul giardino – anche gli anni successivi ho dormito sempre là – e stavo andando a letto. Quando udii un piccolo rumore, un grattamento alla base della porta. Andai ad aprire. Un minuscolo topo sgusciò tra le mie gambe, attraversò la camera e andò a nascondersi sotto il cassettone. Correva in modo goffo, avrei fatto in tempo benissimo a schiacciarlo. Ma era così grazioso e fragile.

Per caso, il mattino dopo, ne parlai a Giovanni.
” Ah, sì ” fece lui distratto ” ogni tanto qualche topo gira per la casa. ”
” Era un sorcio piccolissimo… non ho avuto neanche il coraggio di… ”
” Sì, me lo immagino. Ma non ci fare caso… ” Cambiò argomento, pareva che il mio discorso gli spiacesse.

L’anno dopo. Una sera si giocava a carte, sarà stata mezzanotte e mezzo, dalla stanza vicina – il salotto dove a quell’ora le luci erano spente – giunse un clac, suono metallico come di una molla.
” Cos’è? ” domando io.
” Non ho sentito niente ” fa Giovanni evasivo. ” Tu Elena hai sentito qualche cosa? ”
” Io no ” gli risponde la moglie, facendosi un po’ rossa.
” Perché? ” Io dico: ” Mi sembrava che di là in salotto… un rumore metallico… “. Notai un velo di imbarazzo. ” Bene, tocca a me fare le carte? “

Neanche dieci minuti dopo, un altro clac, dal corridoio questa volta, e accompagnato da un sottile strido, come di bestia.
” Dimmi, Giovanni ” io chiedo ” avete messo delle trappole per topi? ”
” Che io sappia, no. Vero, Elena? Sono state messe delle trappole? ”
Lei: ” E che vi salta in mente? Per i pochi topi che ci sono! “.

Passa un anno. Appena entro nella villa, noto due gatti magnifici, dotati di straordinaria animazione: razza soriana, muscolatura atletica, pelo di seta come hanno i gatti che si nutrono di topi. Dico a Giovanni: ” Ah, dunque vi siete decisi finalmente. Chissà che spaventose scorpacciate fanno. Di topi qui non ci sarà penuria “.
” Anzi ” fa lui ” solo di quando in quando… Se dovessero vivere solo di topi… ”
” Però li vedo belli grassi, questi mici. ”
” Già, stanno bene, la faccia della salute non gli manca. Sai, in cucina trovano ogni ben di Dio. “

Passa un altro anno e come io arrivo in villa per le mie solite vacanze, ecco che ricompaiono i due gatti. Ma non sembrano più quelli non vigorosi e alacri, bensì cascanti, smorti, magri. Non guizzano più da una stanza all’altra celermente. Al contrario, sempre tra i piedi dei padroni, sonnolenti, privi di qualsiasi iniziativa. Io chiedo: ” Sono malati? Come mai così sparuti? Forse non hanno più topi da mangiare? “.
” L’hai detto ” risponde Giovanni Corio vivamente. ” Sono i più stupidi gatti che abbia visto. Hanno messo il muso da quando in casa non esistono più topi… Neanche il seme ci è rimasto! ” E soddisfatto fa una gran risata.

Più tardi Giorgio, il figlio più grandicello, mi chiama in disparte con aria di complotto: ” Sai il motivo qual è? Hanno paura! “.
” Chi ha paura? ”
E lui: ” I gatti, hanno paura. Papà non vuole mai che se ne parli, è una cosa che gli dà fastidio. Ma è positivo che i gatti hanno paura “.
” Paura di chi? ”
” Bravo! Dei topi! In un anno, da dieci che erano, quelle bestiacce sono diventate cento… E altro che i sorcettini d’una volta! Sembrano delle tigri. Più grandi di una talpa, il pelo ispido e di colore nero. Insomma i gatti non osano attaccarli. ”
” E voi non fate niente? ”
” Mah, qualcosa si dovrà pur fare, ma il papà non si decide mai. Non capisco il perché, ma è un argomento che è meglio non toccare, lui diventa subito nervoso… “

E l’anno dopo, fin dalla prima notte, un grande strepito sopra la mia camera come di gente che corresse. Patatrùm, patatrùm. Eppure so benissimo che sopra non ci può essere nessuno, soltanto la inabitabile soffitta, piena di mobili vecchi, casse e simili.
“Accidenti che cavalleria” mi dico “devono essere ben grossi questi topi.” Un tal rumore che stento a addormentarmi.

Il giorno dopo, a tavola, domando: ” Ma non prendete nessun provvedimento contro i topi? In soffitta c’era la sarabanda, questa notte “.
Vedo Giovanni che si scurisce in volto: ” I topi? Di che topi parli? In casa grazie a Dio non ce n’è più “.
Anche i suoi vecchi genitori insorgono: ” Macché topi d’Egitto. Ti sarai sognato, caro mio “.
” Eppure ” dico ” vi garantisco che c’era il quarantotto, e non esagero. In certi momenti ho visto il soffitto che tremava. ”
Giovanni s’è fatto pensieroso: ” Sai che cosa può essere? Non te n’ho mai parlato perché c’è chi si impressiona, ma in questa casa ci sono degli spiriti. Anch’io li sento spesso… E certe notti hanno il demonio in corpo! “.
Io rido: ” Non mi prenderai mica per un ragazzetto, spero! Altro che spiriti. Quelli erano topi, garantito, topacci, ratti, pantegane!… E a proposito, dove sono andati a finire i due famosi gatti? “.
” Li abbiamo dati via, se vuoi sapere… Ma coi topi hai la fissazione! Possibile che tu non parli d’altro!… Dopo tutto, questa è una casa di campagna, non puoi mica pretendere che… ”
Io lo guardo sbalordito: ma perché si arrabbia tanto? Lui, di solito così gentile e mite.

Più tardi è ancora Giorgio, il primogenito, a farmi il quadro della situazione. ” Non credere a papà ” mi dice. ” Quelli che hai sentito erano proprio topi, alle volte anche noi non riusciamo a prender sonno. Tu li vedessi, sono dei mostri, sono; neri come il carbone, con delle setole che sembran degli stecchi… E i due gatti, se vuoi sapere, sono stati loro a farli fuori… è successo di notte. Si dormiva già da un paio d’ore e dei terribili miagolii ci hanno svegliato. In salotto c’era il putiferio. Allora siamo saltati giù dal letto, ma dei gatti non si è trovata traccia… Solo dei ciuffi di pelo… delle macchie di sangue qua e là. ”
” Ma non provvedete? Trappole? Veleni? Non capisco come tuo papà non si preoccupi… ”
” Come no? Il suo assillo, è diventato. Ma anche lui adesso ha paura, dice che è meglio non provocarli, che sarebbe peggio. Dice che, tanto, non servirebbe a niente, che ormai sono diventati troppi… Dice che l’unica sarebbe dar fuoco alla casa… E poi, poi sai cosa dice? è ridicolo a pensarci. Dice che non conviene mettersi decisamente contro.”
” Contro chi? ”
” Contro di loro, i topi. Dice che un giorno, quando saranno ancora di più, potrebbero anche vendicarsi… Alle volte mi domando se papà non stia diventando un poco matto. Lo sai che una sera l’ho sorpreso mentre buttava una salsiccia giù in cantina? Il bocconcino per i cari animaletti! Li odia ma li teme. E li vuol tenere buoni.”

Così per anni. Finché l’estate scorsa aspettai invano che sopra la mia camera si scatenasse il solito tumulto. Silenzio, finalmente. Una gran pace. Solo la voce dei grilli dal giardino.

Al mattino, sulle scale incontro Giorgio: ” Complimenti ” gli dico ” ma mi sai dire come siete riusciti a far piazza pulita? Questa notte non c’era un topolino in tutta la soffitta “.
Giorgio mi guarda con un sorriso incerto. Poi: ” Vieni vieni ” risponde ” vieni un po’ a vedere”.

Mi conduce in cantina, là dove c’è una botola chiusa da un portello: ” Sono laggiù adesso ” mi sussurra. ” Da qualche mese si sono tutti riuniti qui sotto, nella fogna Per la casa non ne girano che pochi. Sono qui sotto… ascolta… “

Tacque. E attraverso il pavimento giunse un suono difficilmente descrivibile: un brusìo, un cupo fremito, un rombo sordo come di materia inquieta e viva che fermenti; e frammezzo pure delle voci, piccole grida acute, fischi, sussurri.
” Ma quanti sono? ” chiesi con un brivido.
” Chissà. Milioni forse… Adesso guarda, ma fa presto. ” Accese un fiammifero e, sollevato il coperchéo della botola, lo lasciò cadere giù nel buco. Per un attimo io vidi: in una specie di caverna, un frenetico brulichio di forme nere, accavallantisi in smaniosi vortici. E c’era in quel laido tumulto una potenza, una vitalità infernale, che nessuno avrebbe più fermato. I topi! Vidi anche un luccicare di pupille, migliaia e migliaia, rivolte in su, che mi fissavano cattive. Ma Giorgio chiuse il coperchio con un tonfo.

E adesso? Perché Giovanni ha scritto di non potere più invitarmi? Cosa è successo? Avrei la tentazione di fargli una visita, pochi minuti basterebbero, tanto per sapere. Ma confesso che non ne ho il coraggio. Da varie fonti mi sono giunte strane voci. Talmente strane che la gente le ripete come favole, e ne ride. Ma io non rido.

Dicono per esempio che i due vecchi genitori Corio siano morti. Dicono che nessuno esca più dalla villa e che i viveri glieli porti un uomo del paese, lasciando il pacco al limite del bosco. Dicono che nella villa nessuno possa entrare; che enormi topi l’abbiano occupata e che i Corio ne siano gli schiavi.

Un contadino che si è avvicinato – ma non molto perché sulla soglia della villa stava una dozzina di bestiacce in atteggiamento minaccioso – dice di aver intravisto la signora Elena Corio, la moglie del mio amico, quella dolce e amabile creatura. Era in cucina, accanto al fuoco, vestita come una pezzente; e rimestava in un immenso calderone, mentre intorno grappoli fetidi di topi la incitavano, avidi di cibo. Sembrava stanchissima ed afflitta. Come scorse l’uomo che guardava, gli fece con le mani un gesto sconsolato, quasi volesse dire: ” Non datevi pensiero, è troppo tardi. Per noi non ci sono più speranze “.

[Dino Buzzati, I topi]


Zang Tumb Tumb

Zang Tumb Tumb è un’opera del poeta Filippo Tommaso Marinetti. Il poeta, che era uno dei principali artisti futuristi, pubblica questa composizione nel 1914.
Il testo si ispira all’assedio di Adrianopoli durante la guerra bulgaro-turca ma è composto da parole in libertà, eliminando articoli, avverbi e congiunzioni.
Oltre a caratteri di grandezza diversa, nella composizione sono presenti moltissime onomatopee.
Nel video è possibile ascoltare la versione registrata dallo stesso Marinetti.

Zang Tumb Tumb

ogni  5  secondi   cannoni  da    assedio  sventrare 

spazio  con  un  accordo  tam-tuuumb

ammutinamento  di   500    echi   per   azzannarlo

sminuzzarlo   sparpagliarlo   all´infinito

     nel  centro  di  quei  tam-tuuumb

spiaccicati  (ampiezza  50  chilometri  quadrati)

balzare    scoppi    tagli      pugni      batterie    tiro

rapido    violenza     ferocia     regolarita    questo

basso   grave    scandere    gli    strani   folli  agita-

tissimi     acuti    della     battaglia     furia    affanno

                    orecchie                  occhi

                 narici                       aperti           attenti

forza   che    gioia    vedere    udire   fiutare   tutto

tutto    taratatatata    delle   mitragliatrici   strillare

a   perdifiato   sotto   morsi    shiafffffi    traak-traak

frustate        pic-pac-pum-tumb      bizzzzarrie

salti      altezza       200     m.     della        fucileria  

Giù   giù   in    fondo   all’orchestra    stagni

            diguazzare                        buoi       buffali

pungoli    carri     pluff    plaff                     impen

narsi   di   cavalli  flic   flac   zing  zing sciaaack

ilari     nitriti     iiiiiii…   scalpiccii     tintinnii          3

battaglioni   bulgari   in   marcia   croooc-craaac

[ LENTO   DUE   TEMPI ]        Sciumi         Maritza

o    Karvavena    croooc-craaac   grida    delgli

ufficiali    sbataccccchiare  come   piatttti  d’otttttone

pan   di   qua    paack   di    là    cing   buuum

cing    ciak    [ PRESTO ]     ciaciaciaciaciaak

su    giù    là     là    intorno    in    alto   attenzione 

sulla    testa     ciaack    bello                Vampe

 vampe

 

vampe                                       vampe

 

 vampe                                         vampe

 

                        vampe          ribalta   dei   forti   die-

 

vampe

                    

 vampe

tro  quel   fumo   Sciukri    Pascià    comunica   te-

lefonicamente   con   27   forti   in   turco   in    te-

desco     allò     Ibrahim    Rudolf    allò    allò

attori    ruoli                           echi       suggeritori

                                      scenari      di    fumo     foreste

applausi   odore   di   fieno   fango   sterco   non

sento   più   i   miei   piedi   gelati   odore   di   sal-

nitro   odore   di   marcio                      Timmmpani

flauti    clarini    dovunque    basso    alto    uccelli

cinguettare  beatitudine   ombrie   cip-cip-cip   brezza

verde  mandre   don-dan-don-din-bèèè  tam-tumb-

tumb tumb-tumb-tumb-tumb-tumb-

tumb        Orchestra                        pazzi   ba-

stonare   professori    d’orchestra   questi   bastona-

tissimi   suooooonare  suooooonare   Graaaaandi

fragori  non  cancellare   precisare    ritttttagliandoli

rumori     più     piccoli    minutisssssssimi   rottami

di   echi   nel   teatro   ampiezza   300    chilometri

 quadri                                         Fiumi      Maritza

Tungia    sdraiati                              Monti    Ròdopi 

ritti                               alture    palchi     logione

2000       shrapnels        sbracciarsi     esplodere  

fazzoletti    bianchissimi    pieni    d’oro    Tumb-

tumb                     2000     granate  protese

strappare       con      schianti        capigliature

tenebre            zang-tumb-zang-tuuum

tuuumb    orchesta    dei   rumori    di   guerra

gonfiarsi    sotto   una   nota    di        silenzio

tenuta      nell’alto     cielo                   pal-

lone   sferico   dorato   sorvegliare     tiri     parco

aeroatatico     Kadi-Keuy

 

BILANCIO  DELLE  ANALOGIE

(1»   SOMMA )

            Marcia    del    cannoneggiamento    futurista

colosso-leitmotif-maglio-genio-novatore-ottimismo

fame-ambizione     ( TERRIFICO  ASSOLUTO  SOLENNE EROICO      PESANTE   IMPLACABILE    FECONDANTE )

zang-tuumb tumb tumb

(2» SOMMA )

                  difesa    Adrianopli     passatismo      mi

nareti    dello    scetticismo     cupole- ventri    dell’in

dolenza   vigliaccheria   ci-penseremo-domani  non-

c’è-pericolo   non-è-possibile   a-che-serve    dopo-

tutto-me-ne-infischio      consegna     di     tutto     lo

stock    in   stazione-unica   =     cimitero

( 3» SOMA)

             intorno   ad   ogni   obice-passo   del    co-

losso-accordo   cadere   del   maglio-creazione  del

genio-comando  correre  ballo   tondo   galoppante

di  fucilate    mitragliatrici    violini     monelli     odori-

di-bionda-trentenne    cagnolini     ironie    dei    critici

ruote   ingranaggi    grida   gesti    rimpianti   (ALLE-

GRO  AEREO  SCETTICO  FOLLEGGIANTE  AEREO

CORROSIVO   VOLUTTUOSO )

(4» SOMMA )

          intorno  a  Adrianopoli   +  bombardamento

+ orchestra  +   passeggiaita-del-coloso  +  offi-

cina  allargarsi  cerchi   concentrici  di  riflessi   plagi

echi   risate   bambine   fiori  fischi-di-vapore  attese

piume    profumi     fetori     angoscie   ( INFINITO

MONOTONO  PERSUASIVO  NOSTALGICO )

Questi  pesi  spessori  rumori  odori  turbini  moleco-

lari  catete   reti  corridoi  di  analogie   comcorrenze

e    sincronismi     offrirsi     offrirsi     offrirsi    offrirsi

in     dono     ai      miei     amici      poeti       pittori

musicisti       e      runositi     futuristi

zang-tumb-tumb-zang-zang-tuuumb  tatatatatatatata   picpacpam

pacpacpicpampampac           uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu

ZANG-TUMB

TUMB-TUMB

TUUUUUM

La funzione della letteratura

In questo brano, scritto da Umberto Eco, si parla della funzione della lettera. Il testo è stato scelto per la prova dell’esame di stato di italiano del 2016.

Letteratura

Siamo circondati di poteri immateriali, che non si limitano a quelli che chiamiamo valori spirituali, come una dottrina religiosa. […] E tra questi poteri annoverei anche quello della tradizione letteraria, vale a dire del complesso di testi che l’umanità ha prodotto e produce non per fini pratici (come tenere registri, annotare leggi e formule scientifiche, verbalizzare sedute o provvedere orari ferroviari) ma piuttosto gratia sui, per amore di se stessa – e che si leggono per diletto, elevazione spirituale, allargamento delle conoscenze, magari per puro passatempo, senza che nessuno ci obblighi a farlo (se si prescinde dagli obblighi scolastici). […]
A che cosa serve questo bene immateriale che è la letteratura? […]
La lingua va dove vuole ma è sensibile ai suggerimenti della letteratura. Senza Dante non ci sarebbe stato un italiano unificato. […]
E se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio diffusosi attraverso la televisione, non dimentichiamo che l’appello a un italiano medio, nella sua forma più nobile, è passato attraverso la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo o di Moravia.
La letteratura, contribuendo a formare la lingua, crea identità e comunità. Ho parlato prima di Dante, ma pensiamo a cosa sarebbe stata la civiltà greca senza Omero, l’identità tedesca senza la traduzione della Bibbia fatta da Lutero, la lingua russa senza Puskin. […]
La lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedeltà e del rispetto della libertà dell’interpretazione.
C’è una pericolosa eresia critica, tipica dei nostri giorni, per cui di un’opera letteraria si può fare quello che si vuole, leggendovi quanto i nostri più incontrollabili impulsi ci suggeriscono. Non è vero. Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell’interpretazione, perché ci propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita. Ma per poter procedere in questo gioco, per cui ogni generazione legge le opere letterarie in modo diverso, occorre essere mossi da un profondo rispetto verso quella che io ho altrove chiamato l’intenzione del testo.

tratto da Su alcune funzioni della letteratura, in Sulla letteratura, Umberto Eco, Tascabili Bompiani, Milano 2016