Eskimo

“Eskimo” è una canzone di Francesco Guccini del 1978. Il cantautore ricorda la contestazioen del ’68 e la Bologna di quegli anni, ma in questo scenario si rivolge in particolare alla sua amata, anni dopo che l’amore è finito, dopo che molto tempo è passato.

Francesco Guccini

Questa domenica in Settembre non sarebbe pesata così,
l’ estate finiva più “nature” vent’ anni fa o giù di lì…
Con l’ incoscienza dentro al basso ventre e alcuni audaci, in tasca “l’Unità”,
la paghi tutta, e a prezzi d’ inflazione, quella che chiaman la maturità…

Ma tu non sei cambiata di molto anche se adesso è al vento quello che
io per vederlo ci ho impiegato tanto filosofando pure sui perchè,
ma tu non sei cambiata di tanto e se cos’ è un orgasmo ora lo sai
potrai capire i miei vent’ anni allora, i quasi cento adesso capirai…

Portavo allora un eskimo innocente dettato solo dalla povertà,
non era la rivolta permanente: diciamo che non c’ era e tanto fa.
Portavo una coscienza immacolata che tu tendevi a uccidere, però
inutilmente ti ci sei provata con foto di famiglia o paltò…

E quanto son cambiato da allora e l’eskimo che conoscevi tu
lo porta addosso mio fratello ancora e tu lo porteresti e non puoi più,
bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà:
tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’ anni fa!

Ricordi fui con te a Santa Lucia, al portico dei Servi per Natale,
credevo che Bologna fosse mia: ballammo insieme all’ anno o a Carnevale.
Lasciammo allora tutti e due un qualcuno che non ne fece un dramma o non lo so,
ma con i miei maglioni ero a disagio e mi pesava quel tuo paltò…

Ma avevo la rivolta fra le dita, dei soldi in tasca niente e tu lo sai
e mi pagavi il cinema stupita e non ti era toccato farlo mai!
Perchè mi amavi non l’ ho mai capito così diverso da quei tuoi cliché,
perchè fra i tanti, bella, che hai colpito ti sei gettata addosso proprio a me…

Infatti i fiori della prima volta non c’ erano già più nel sessantotto,
scoppiava finalmente la rivolta oppure in qualche modo mi ero rotto,
tu li aspettavi ancora, ma io già urlavo che Dio era morto, a monte, ma però
contro il sistema anch’ io mi ribellavo cioè, sognando Dylan e i provos…

E Gianni, ritornato da Londra, a lungo ci parlò dell’ LSD,
tenne una quasi conferenza colta sul suo viaggio di nozze stile freak
e noi non l’ avevamo mai fatto e noi che non l’ avremmo fatto mai,
quell’ erba ci cresceva tutt’ attorno, per noi crescevan solo i nostri guai…

Forse ci consolava far l’ amore, ma precari in quel senso si era già
un buco da un amico, un letto a ore su cui passava tutta la città.
L’amore fatto alla “boia d’ un Giuda” e al freddo in quella stanza di altri e spoglia:
vederti o non vederti tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia!

E adesso che potremmo anche farlo e adesso che problemi non ne ho,
che nostalgia per quelli contro un muro o dentro a un cine o là dove si può…
E adesso che sappiam quasi tutto e adesso che problemi non ne hai,
per nostalgia, lo rifaremmo in piedi scordando la moquette stile e l’Hi-Fi…

Diciamolo per dire, ma davvero si ride per non piangere perchè
se penso a quella che eri, a quel che ero, che compassione che ho per me e per te.
Eppure a volte non mi spiacerebbe essere quelli di quei tempi là,
sarà per aver quindici anni in meno o avere tutto per possibilità…

Perchè a vent’anni è tutto ancora intero, perchè a vent’anni è tutto “chi lo sa”,
a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età,
eppure allora si era solo noi non c’entra o meno quella gioventù:
di discussioni, caroselli, eroi quel ch’è rimasto dimmelo un po’ tu…

E questa domenica in Settembre se ne sta lentamente per finire
come le tante via, distrattamente, a cercare di fare o di capire.
Forse lo stan pensando anche gli amici, gli andati, i rassegnati, i soddisfatti,
giocando a dire che si era più felici, pensando a chi s’ è perso o no a quei party…

Ed io che ho sempre un eskimo addosso uguale a quello che ricorderai,
io, come sempre, faccio quel che posso, domani poi ci penserò se mai
ed io ti canterò questa canzone uguale a tante che già ti cantai:
ignorala come hai ignorato le altre e poi saran le ultime oramai…

Simili

“Simili” è la canzone che dà il titolo all’omonimo album di Laura Pausini del 2015. Il titolo è stato scelto perché, come ha spiegato la cantante, “simili” contiene l’idea di “uguali” e “diversi” allo stesso tempo.

Simili - Laura Pausini

Sono scappata via
quando mi sono vista dentro a un labirinto,
senza decidere,
ospite in casa mia,
con sillabe d’amore tutte al pavimento,
come la polvere.

Ma arrivi tu, che parli piano
e chiedi scusa se ci assomigliamo,
arrivi tu… da che pianeta?
Occhi sereni, anima complicata,
anima complicata…

Io così simile a te
a trasformare il suono della rabbia!
Io così simile a te,
un bacio in fronte e dopo sulle labbra.
La meraviglia di essere simili,
la tenerezza di essere simili,
la protezione tra esseri simili!

Non mi domando più
se ci sarà qualcuno a tendere la rete,
pronto a soccorrere.
Me lo ricordi tu,
chi vola impara a sfottere le sue cadute,
come a difenderle,
e così fai tu e nascondi piano
la tosse e il cuore nella stessa mano.
Arrivi tu
che sai chi sono.

Io così simile a te
a trasformare il suono della rabbia!
Io così simile a te,
un bacio in fronte e dopo sulle labbra.
La meraviglia di essere simili,
la tenerezza di essere simili!

Arrivi tu che fai passare
la paura di precipitare

Io così simile a te
a trasformare il suono della rabbia!
Io così simile a te,
un bacio in fronte e dopo sulle labbra.
La meraviglia di essere simili,
la tenerezza di essere simili,
la commozione per esseri simili!

Anima fragile

“Anima fragile” è una stupenda canzone di Vasco Rossi del 1980. Questo brano è considerato uno dei più belli del cantautore emiliano.

Anima fragile

E tu
chissà dove sei,
anima fragile
che mi ascoltavi immobile
ma senza ridere.
E ora tu chissà
chissà dove sei,
avrai trovato amore?
O come me, cerchi soltanto d’avventure
perché non vuoi più piangere!
E la vita continua
anche senza di noi
che siamo lontano ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano!
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano!
da tutte quelle situazioni che non tornano mai!
Perché col tempo cambia tutto lo sai
cambiamo anche noi!
E cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi!
e cambiamo anche noi!

La boheme

“La boheme” è la versione italiana dell’omonimo brano scritto e cantato da Charles Aznavour del 1965. Il cantante francese, infatti, ha per molto tempo cantato anche in italiano molti dei suoi brani.
In questa canzone racconta la storia di due giovani innamorati, un pittore e la sua musa, e di come il tempo abbia cambiato tutto.

La boheme

Io vi parlo di un tempo che in questo momento non ha più valore,
vi parlo di Montmartre, dei fiori di lillà sbocciati alle finestre
della nostra stanza colma di speranza e di un grande amore…
Pittore vuole dire e poco da mangiare, ma lei non pianse mai.

La boheme, la boheme, era la nostra felicità.
La boheme, la boheme, era la nostra bella età.

E nei caffé vicini, eravamo qualcuno che aspettava la gloria,
dei poveri si sa, ma a dir la verità ci credevamo tanto
tanto che una tela poi si trasformava in un pasto caldo
e tutto senza un soldo intorno ad un camino, l’inverno non c’é più.

La boheme, la boheme, vuol dire vivere così.
La boheme, la boheme, amare tutti e dire sì.

Molto spesso accadeva che al mio cavalletto io passavo la notte
e disegnavo te che stavi lì per me, per ore ed ore intere
e poi alla mattina, morti si stanchezza, ci trovava il sole
e scendevamo insieme, tutti e due felici, a bere un buon caffé.

La boheme, la boheme, aver vent’anni insieme a lei.
La boheme, la boheme, non l’ho rivista proprio mai.

Quando un giorno per caso, mi trovai a passare davanti ad una casa,
la casa di Montmartre, non vedo più i lillà e tutto sembra triste
e sopra quella scala, non passa più una tela, ora è tutto nuovo…
Io sono un gran signore che muore di dolore e che non piange mai.

La boheme, la boheme, sento una voce e penso a lei.
La boheme, la boheme, indietro non si torna mai.

La vita com’è

“La vita com’è” è una simpatica canzone di Max Gazzè del 2015. Il brano racconta una storia finita ma lo fa in modo ironico. Come ha detto lo stesso cantante: “La vita è più semplice se ci prendiamo un po’ meno sul serio, soprattutto in amore“.

Max Gazzè

Se fossi qui, dipenderei dalle tue tenerezze
dette sul collo a bassa voce, ma lo sai
l’amore porta guai, si perde quasi sempre.
C’è gente che, facile, non si riprede più ma tu
guarda me, prendo tutta la vita com’è!
Non la faccio finita ma incrocio le dita e mi bevo un caffè.

Ammazzo il tempo provando con l’automeditazione,
canto un po’ nella testa..
e mi rimetto ripulendo il mio salotto dal terribile ricordo che resta di te.

Se fossi qui, mi lascerei tentare dalle tue carezze,
però ringrazio Dio che non ci sei!
L’amore fa per noi, ma separatamente.
C’è gente che, come me, non si riprende mai, lo sai?
Guarda te questo straccio di vita cos’è!
Non la faccio finita soltanto perché è pronto un altro caffè.

Ammazzo il tempo provando con l’automeditazione,
canto un po’ nella testa…
e mi rilasso finché non ho più addosso quel terribile ricordo rimasto di te.

Indifferente che mente,
c’è l’eco di quelle malelingue che mi han detto:
ci sono cose su di lei che è meglio non sapere mai.
Sai che ricordo mi resta di noi?

…e mi rimetto ripulendo il mio salotto dal terribile ricordo che resta di te.

Guarda me, prendo tutta la vita com’è,
non la faccio finita ma incrocio le dita e mi bevo un caffè.

Ammazzo il tempo provando con l’automeditazione,
canto un po’ nella testa…
e mi rilasso finché non ho più addosso quel terribile ricordo rimasto di te.

Indifferente che mente,
c’è l’eco di quelle malelingue che mi han detto:
ci sono cose su di le che è meglio non sapere mai.
Sai che ricordo mi resta di noi?
Ma ci son cose su di me che forse non ci crederai.
Sai che ricordo ti resta di noi?