Un’umanissima «caput mundi»

Colosseo

C’è la Roma dei Cesari e del Colosseo, quella dei papi e quella di Alberto Sordi, della Sora Lella e della «pajata» (uno squisito piatto popolare). E prima ancora quella di Trilussa e di Petrolini, che rifaceva l’antenato Nerone: «Tigellino» invocava «dammi la lira». E quello arrivava con una moneta.
E poi quella dei discorsi ufficiali, delle riviste e delle inaugurazioni e la precedente di Pasquino, la maschera che sbeffeggiava i potenti, mentre adesso c’è la Roma che ce l’ha con Milano per uno scalo aereo, mentre accoglie generosa quelli che arrivano da tutte le parti: quanti sarti abruzzesi e quanti vetturini marchigiani.
Una volta i romani le rivalità di borgata le risolvevano a sassate, e si ricorda l’odio che correva tra il rione Monti e quello di Trastevere. […]
Non è vero che i romani sono cinici, ma ne hanno viste tante e si difendono dall’autorità. quella ecclesiastica, quella politica. Hanno inventato la «pennichella»: sonnecchiano nell’ora stabilita.
Non si turbano neppure davanti agli eventi. Racconta Luigi Ceccarelli, il cui padre, con la firma «Ceccarius», coltivava le memoria della città alcuni fatterelli che servono a capire i caratteri. Uno straniero smarrito chiede a un portiere dov’è piazza di Spagna. Risposta: «Sì, lo so, ma non me va de dillo».
Nei primi giorni del Novecento compare nel cielo uno Zeppelin e un bambino meravigliato, affacciatosi alla finestra, avvertì il nonno: «Passa un dirigibile». Risposta: «Non m’importa, lo vedo sulla Domenica del Corriere».
Dicono che Umberto II, ancora principino (avrà avuto si e no una decina di anni) accompagnò il Kaiserr Guglielmo II in una passeggiata nella campagna romana. Si fermarono a una osteria e il vinaio, alle presentazioni, non si scompose: si spazzò nel grembiule la mano unta e, porgendola all’illustre cliente, esclamò: «M’à rallegro, m’à rallegro». […]
Una volta gli stranieri, francesi e tedeschi o spagnoli, occupavano i borghi: c’è piazza di Spagna, e Trinità dei Monti era territorio francese: adesso si registra l’invasione dei filippini o degli extracomunitari che si danno appuntamento, nei giorni di festa, alla Stazione Termini o a piazza Risorgimento. […]
E’ la Roma con i carretti e gli autobus con le cifre N-T, linea Nomentano-Testaccio, molto pulita, provvedevano i «monnezzari» e la «pisciabotte», che irrorava la strada. La posta veniva recapitata quattro volte al giorno (650.000), mentre oggi, dicono, due volte al mese.
Erano davvero «romani de Roma», nati nel cerchio delle mura, poi cattolici apostolici, obbligo la scuola dai preti, superstiziosi: guai a mettere un cappello sul letto; scarsissima propensione ai viaggi, perchè il meglio è già lì, un forte senso dell’amicizia, indifferenza per le carriere e i soldi, perchè hanno visto crollare glorie e reputazioni, fastidio per la novità e ognuno al suo posto.

(da Enzo Biagi, Cara Italia)





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