Nel mio cuor dubitoso
sento bene una voce che mi dice:
“Veramente potresti essere felice.”
Lo potrei, ma non oso.
di Umberto Saba
… e tu?
Nel mio cuor dubitoso
sento bene una voce che mi dice:
“Veramente potresti essere felice.”
Lo potrei, ma non oso.
di Umberto Saba
Io sono come quella foglia – guarda –
sul nudo ramo, che un prodigio ancora
tiene attaccata.
Negami dunque. Non ne sia rattristata
la bella età che a un’ansia ti colora,
e per me a slanci infantili s’attarda.
Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce.
Morire è nulla; perderti è difficile.
di Umberto Saba
Malinconia
la vita mia
struggi terribilmente;
e non v’è al mondo, non c’è al mondo niente
che mi divaghi.
Niente, o una sola
casa. Figliola,
quella per me saresti.
S’apre una porta; in tue succinte vesti
entri, e mi smaghi.
Piccola tanto,
fugace incanto
di primavera. I biondi
riccioli molti nel berretto ascondi,
altri ne ostenti.
Ma giovinezza,
torbida ebbrezza,
passa, passa l’amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore,
presentimenti.
Malinconia,
la vita mia
amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa,
ch’altro non spero.
Quando non s’ama
più, non si chiama
lei la liberatrice;
e nel dolore non fa più felice
il suo pensiero.
Io non sapevo
questo; ora bevo
l’ultimo sorso amaro
dell’esperienza. Oh quanto è mai più caro
il pensier della morte,
al giovanetto,
che a un primo affetto
cangia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema
crudeltà della sorte.
di Umberto Saba
Roma − m’hanno detto − è come una madre negra. Piena di abominevoli difetti. Ma le madri negre − aggiungo io − sono le più amorose − e quindi le migliori − del mondo.