– Se faranno er disarmo generale,
borbottava la Vipera – è finita!
Er veleno che ciò, va tutto a male.
Nun m’arimane che una via d’uscita
in quarche redazzione de giornale…-
Er Porcospino disse: – Certamente
puro per me sarebbe un guaio grosso:
perché Dio guardi je venisse in mente
de levamme le spine che ciò addosso
nun resterei che porco solamente.
Il poeta romano Trilussa (1871-1950) ci racconta, con la sua solita sagace ironia, qual è secondo lui la favola più breve e qual è la più lunga. In questo caso il romanesco non ha bisogno di traduzioni.
Pe’ conto mio la favola più corta è quella che se chiama Gioventù: perché… c’era una vorta… e adesso non c’è più.
E la più lunga? E quella de la Vita: la sento raccontà da che sto ar monno, e un giorno, forse, cascherò dar sonno prima che sia finita…
L’incontro de li sovrani (L’incontro dei re) è un breve cartone animato trasmesso dalla RAI nel 1972. E’ stato disegnato da Paolo Di Girolamo e si basa su una poesia di Trilussa. Come accade in molte opere degli anni subito successivi alla guerra, non mancano alcuni riferimenti alla tragedia nazista.
Bandiere e banderole, penne e pennacchi ar vento, un luccichìo d’argento de bajonette ar sole, e in mezzo a le fanfare spara er cannone e pare che t’arimbombi dentro. Ched’è? Chi se festeggia? È un Re che, in mezzo ar mare, su la fregata reggia riceve un antro Re. Ecco che se l’abbraccica, ecco che lo sbaciucchia; zitto, ché adesso parleno… – Stai bene? – Grazzie. E te? – E la Reggina? – Allatta. – E er Principino? – Succhia. – E er popolo? – Se gratta. – E er resto? – Va da sé… – Benissimo! – Benone! La Patria sta stranquilla; annamo a colazzione… –
E er popolo lontano, rimasto su la riva, magna le nocchie e strilla: – Evviva, evviva, evviva… – E guarda la fregata sur mare che sfavilla.
Tra le tante favole di Trilussa, poeta romano noto per la sua acuta ironia e per il suo colorito romanesco, questa della tartaruga esprime con dolcezza quanta bellezza ci possa essere in una cosa molto semplice come osservare le stelle.
Mentre, una notte, se n’annava a spasso, la vecchia Tartaruga fece er passo più lungo de la gamba e cascò giù co’ la casa vortata sottinsù. Un Rospo je strillò: – Scema che sei! Queste so’ scappatelle che costano la pelle… – Lo so: – rispose lei – ma, prima de morì, vedo le stelle.
Con la sua abituale ironia, il grande poeta romano Trilussa (1871-1950) ci parla di Attila, il re degli Unni che nel V secolo invase l’Italia, e tradizionalmente conosciuto come il “Flagello di Dio”. Il vero obiettivo di Trilussa non è l’uomo che turbò la stabilità della sua amata Roma, ma chi segue senza usare la testa gli uomini di potere. Un tema sempre attuale, in qualunque società ed epoca. Pensiamo che la traduzione dal romanesco all’italiano non sia necessaria: giudicate voi.
Attila, er Re più barbero e feroce, strillava sempre: – Dove passo io nun nasce più nemmeno un filo d’erba: so’ er Fraggello d’Iddio!-
Ma, a l’amichi, diceva: – Devo insiste su l’affare dell’erba perché spesso me so’ venuti, doppo le conquiste, troppi somari appresso.