Il dittatore

DittatoreUn punto piccoletto,
superbioso e iracondo
“dopo di me – gridava –
verrà la fine del mondo!”
Le parole protestarono:
“Ma che grilli hai pel capo?
Si crede un Punto–e–basta,
e non è che un Punto–e–a–capo”.
Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.

tratto da Filastrocche in cielo e in terra, Gianni Rodari

Carnevale in filastrocca

Questa bella poesia di Gianni Rodari è dedicata al Carnevale e ha come protagonisti le maschere della Commedia dell’Arte.

Arlecchino

Carnevale in filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d’Arlecchino,
vestito di carta, poverino.
Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.
Pantalon dei Bisognosi
“Colombina,” dice, “mi sposi?”
Gianduia lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello
mena botte a Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una bella medicazione,
poi lo consola: “È Carnevale,
e ogni scherzo per oggi vale.”

Scherzi di Carnevale

Questa bella poesia di Gianni Rodari è dedicata al Carnevale e ha come protagonisti le maschere della Commedia dell’Arte.

Pulcinella

Mi metterò una maschera
da Pulcinella
e dirò che ho inventato
la mozzarella.
Mi metterò una maschera
da Pantalone,
dirò che ogni mio sternuto
vale un milione.
Mi metterò una maschera
da pagliaccio,
per far credere a tutti
che il sole è di ghiaccio.
Mi metterò una maschera
da imperatore,
avrò un impero
per un paio d’ore:
per volere mio dovranno
levarsi la maschera
quelli che la portano
ogni giorno dell’anno…
E sarà il Carnevale
più divertente
veder la faccia vera
di tanta gente.

La tribù degli indiani Cucù

Conosci la tribù degli indiani Cucù?
C’è l’indiano Cuore che raccoglie le more,
c’è Cuoio un indianone che fa lo stregone,
c’è Scuola l’indiana che fila la lana,
c’è l’indiano Cuoco che accende un bel fuoco.
Conosci la tribù degli indiani Cucù?
Se li scrivi con la Q ride tutta la tribù!

(di Gianni Rodari)

Il semaforo blu

Una volta il semaforo che sta a Milano in piazza del Duomo fece una stranezza. Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
– Attraversiamo o non attraversiamo? Stiamo o non stiamo?
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l’insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era stato mai.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più grassi gridavano:
– Lei non sa chi sono io!
Gli spiritosi lanciavano frizzi: – Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per farci una villetta in campagna.
– Il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai Giardini.
– Col giallo sapete che ci fanno? Allungano l’olio d’oliva.
Finalmente arrivò un vigile e si mise lui in mezzo all’incrocio a districare il traffico. Un altro vigile cercò la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:
«Poveretti! Io avevo dato il segnale di “via libera” per il cielo. Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare. Ma forse gli è mancato il coraggio».

(da Gianni Rodari, Favole al telefono)