Movesi il vecchierel canuto e bianco

In questa bella poesia del ‘300, Francesco Petrarca si paragona ad un vecchio che va a Roma per vedere l’immagine di Gesù, così come il poeta si muove per vedere la sua amata Laura.
Il vecchio cerca nell’immagine sacra il volto di Cristo, Petrarca cerca in altre donne il volto di Laura.
C’è un contrasto tra il movimento descritto nelle prime strofe e il ragionamento dell’ultima strofa.
Il vecchio è anche immagine della vita umana e mentre il vecchio guarda ormai alle cose del cielo, il giovane guarda ancora alle cose terrene.

Vecchietto

Movesi il vecchierel canuto e bianco
del dolce loco ov’ha sua età fornita
e da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;

indi traendo poi l’antiquo fianco
per l’estreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, e dal cammino stanco;

e viene a Roma, seguendo ‘l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:

cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.

Parafrasi:

Si muove il vecchietto canuto (bianco) e bianco
dal dolce luogo dove ha trascorso la sua vita
e dalla sua famiglia sbigottita (scioccata)
dal vedere l’amato padre partire;

Quindi trascinando il vecchio fianco
per gli ultimi giorni della sua vita
si aiuta, quanto può, con la sua buona volontà,
distrutto dall’età e stanco per aver camminato.

E viene a Roma seguendo il desiderio
di vedere l’immagine di colui
che spera poi di vedere anche in cielo.

Allo stesso modo, purtroppo, io cerco,
o donna, l’immagine desiderata della vostra bellezza,
quanto è possibile in altre donne.

Solo e pensoso i più diserti campi

In questo sonetto, Francesco Petrarca parla della solitudine che salva il poeta dalla vergogna. Il poeta si vergogna di mostrare agli altri come si sente dentro, come brucia di passione. Ma anche lontano dagli uomini la natura si interessa di lui. E la sofferenza non trova pace.

Deserti campi

Solo e pensoso i più diserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e li occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l’arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché ne li atti d’allegrezza spenti
di fuor si legge com’ io dentro avampi.

Sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né si selvagge
cercar non so, ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, e io con lui.

Parafrasi:

Solo e pensieroso cammino con lentezza
per i campi più deserti
e giro lo sguardo per sfuggire luoghi
dove si vedono tracce umane.

Non trovo altro riparo che mi salvi
dal fatto che gli altri si accorgano della mia condizione
perché negli atti tristi che compio
si vede da fuori come io bruci dentro.

Così io credo ormai che monti e campagne,
fiumi e boschi sappiano già di quale tipo
sia la mia vita che nascondo agli altri.

Tuttavia non riesco a trovare strade così aspre e difficili
in modo ch el’amore non mi segua
parlando con me e io con lui.

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

Questo celebre sonetto di Francesco Petrarca, contenuto nel Canzoniere, è dedicato alla sua amata Laura, che viene richiamata nel primo verso con un gioco di parole “a l’aura”, cioè “al vento”, ma anche “a Laura”. Vediamo l’innamoramento del poeta per lei e Laura ci appare in tutta la sua bellezza, come un angelo. Però vediamo anche l’effetto che il tempo ha su di lei: la donna appartiene al passato. E la bellezza di Laura viene così cambiata e distrutta dalla forza del tempo.

Francesco Petrarca e Laura

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
Che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,
E ‘l vago lume oltra misura ardea
Di quei begli occhi ch’or ne son sì scarsi;

E ‘l viso di pietosi color farsi,
Non so se vero o falso, mi parea:
I’ che l’esca amorosa al petto avea,
Qual meraviglia se di subito arsi.

Non era l’andar suo cosa mortale
Ma d’angelica forma, e le parole
Sonavan altro che pur voce umana;

Uno spirto celeste, un vivo sole
Fu quel ch’i’ vidi, e se non fosse or tale,
Piaga per allentar d’arco non sana.

Parafrasi:

I capelli d’oro erano sparsi nell’aria
che li avvolgeva in mille dolci nodi
e la luce bruciava intensamente
in quegli occhi che ora non l’hanno più;

Mi sembrava, non so se è vero o falso
che il suo viso si mostrasse pieno di compassione:
E io che ero pronto per innamorarmi
non vi meravigliate se il mio cuore bruciò subito.

Il suo camminare non sembrava una cosa mortale
ma di un angelo, e le parole
suonavano diverse dalla voce umana.

Uno spirito celeste, un sole vivo
è quello che ho visto, e se ora non fosse più così
la mia felicità non guarirebbe così come non guarisce una ferita di una freccia anche se si rende più lenta la corda che l’ha lanciata.