I due amici

SoldatiIl più vecchio si chiamava Frank e aveva vent’anni. Il più giovane era Ted e ne aveva diciotto. Erano sempre insieme, amicissimi fin dalle elementari. Insieme decisero di arruolarsi nell’esercito. Partendo promisero a se stessi e ai genitori che avrebbero avuto cura l’uno dell’altro. Furono fortunati e finirono nello stesso battaglione.
Quel battaglione fu mandato in guerra. Una guerra terribile tra le sabbie infuocate del deserto. Per qualche tempo Frank e Ted rimasero negli accampamenti protetti dall’aviazione. Poi una sera venne l’ordine di avanzare in territorio nemico.
I soldati avanzarono per tutta la notte, sotto la minaccia di un fuoco infernale.
Al mattino il battaglione si radunò in un villaggio. Ma Ted non c’era.
Frank lo cercò dappertutto, tra i feriti, fra i morti. Trovò il suo nome nell’elenco dei dispersi.
Si presentò al comandante. “Chiedo il permesso di andare a riprendere il mio amico”, disse. “E’ troppo pericoloso”, rispose il comandante. “Ho già perso il tuo amico. Perderei anche te. Là fuori stanno sparando”.
Frank partì ugualmente. Dopo alcune ore trovò Ted ferito mortalmente.
Se lo caricò sulle spalle. Ma una scheggia lo colpì. Si trascinò ugualmente fino al campo.
“Valeva la pena morire per salvare un morto?”, gli gridò il comandante.
“Si” sussurrò, “perché prima di morire, Ted mi ha detto: Frank, sapevo che saresti venuto”.

La pietra azzurra

Pietra azzurraIl gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
“E per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo? “.
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai? “.
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano? “, disse con orgoglio. “Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.
L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio.
“Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurrì. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò:
“Questa collana è stata comprata qui? “.
“Sì, signorina”.
“E quanto è costata? “.
“I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo”.
Il gioielliere prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
“Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”.

La mano e la sabbia

ManoGiorgio, un ragazzo di tredici anni, passeggiava sulla spiaggia insieme alla madre.
Ad un tratto le chiese: “Mamma, come si fa a conservare un amico quando finalmente si è riusciti a trovarlo?”.
La madre meditò qualche secondo, poi si chinò e prese due manciate di sabbia. Tenendo le palme rivolte verso l’alto, strinse forte una mano: la sabbia le sfuggì tra le dita, e quanto più stringeva il pugno, tanto più la sabbia sfuggiva.
Tenne invece ben aperta l’altra mano: la sabbia vi restò tutta.
Giorgio osservò stupito, poi esclamò: “Capisco”.

Dietro un’immaginetta della Madonna, dimenticata in un santuarietto di montagna, ho trovato la “Preghiera dell’accoglienza”. Eccola:

Signore, aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore,
che ascolta senza fatica,
che ti ringrazia con gioia,
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura,
a cui ci si può rivolgere
quando lo si desidera,
ad offrire un’amicizia riposante,
ad irradiare una pace gioiosa,
la tua pace, o Signore.
Fa’ che sia disponibile e accogliente
soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza.

I tre figli

FigliTre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
“Mio figlio”, diceva la prima, “è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari”.
“Mio figlio”, sosteneva la seconda, “canta come un usignolo. Non c’è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua”.
“E tu, che cosa dici di tuo figlio?”, chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
“Non so che cosa dire di mio figlio”, rispose la donna. “È un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale…”.
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l’altro.
Le donne lo guardavano estasiate: “Che giovane abile!”.
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell’aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: “è un angelo!”.
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: “Allora che cosa dici dei nostri figli?”.
“Figli?”, esclamò meravigliato il vecchio. “Io ho visto un figlio solo!”.

“Li riconoscerete dai loro frutti” (Matteo 7,16).

Il buffone del re

BuffoneUn re aveva al suo servizio un buffone di corte che gli riempiva le giornate di battute e scherzi.
Un giorno, il re affidò al buffone il suo scettro dicendogli: “Tienilo tu, finché non troverai qualcuno più stupido di te: allora potrai regalarlo a lui”.
Qualche anno dopo, il re si ammalò gravemente. Sentendo avvicinarsi la morte, chiamò il buffone, a cui in fondo si era affezionato, e gli disse:
“Parto per un lungo viaggio”.
“Quando tornerai? Fra un mese?”
“No”, rispose il re, “non tornerò mai più”.
“E quali preparativi hai fatto per questa spedizione?”, chiese il buffone.
“Nessuno!” Fu la triste risposta.
“Tu parti per sempre”, disse il buffone, “e non ti sei preparato per niente? To’, prendi lo scettro: ho trovato uno più stupido di me!”.

Sono tanti quelli che non si preparano alla grande partenza. Per questo quel momento si riveste di penosa angoscia. “State svegli dunque, perché non sapete né il giorno né l” ora”, dice Gesù (Vangelo di Matteo 25,13).