Mamma Rosa

LocandaUn tempo a Milano, i lavoratori pendolari non potevano, per comprensibili ragioni, recarsi quotidianamente in città dalla propria abitazione. Oggi vi giungono ogni giorno da Varese, da Novara, da Bergamo e da Piacenza, grazie alle autostrade e ai treni. Ma nell’Ottocento tutti questi servizi non c’erano o erano troppo costosi e ai lavoratori non rimaneva altro da fare che trovare un alloggio a Milano nei giorni feriali, per poi tornare a casa il sabato e la domenica.
I più fortunati erano ospitati da parenti e amici. Ma si trattava di pochi privilegiati: gli altri si dovevano accontentare di alloggi a buon prezzo. Milano pullulava così di locande miserrime e dalla dubbia reputazione. L’igiene era un lusso irraggiungibile. I giacigli sporchi e scomodi.
Una delle locande più famose era quella di Mamma Rosa (il cui nome era Rosa Madonnini), una signora corpulenta, sveglia e, talvolta, manesca, che non esitava a ospitare coppiette in cerca di notti d’amore.
Un’altra ben più nota locanda era quella del Berrini, in corso Garibaldi. Il Berrini era un losco individuo che sapeva sfruttare la miseria degli avventori della sua taverna spremendoli delle risorse che avevano. Sulla base delle conoscenze che aveva delle loro condizioni, si regolava nell’assegnazione dei giacigli e nella richiesta dei compensi. I clienti (che non erano soltanto lavoratori, ma anche barboni, diseredati e criminali) dormivano in grosse e affollate camerate: i più poveri ricevevano invece dei sacchi per coricarsi nelle soffitte della stamberga. Il Berrini si arricchì inverosimilmente sulle miserie e sui dolori altrui, anche se dilapidò le proprie fortune e morì in povertà, quella stessa povertà che negli altri aveva saputo sfruttare.
Oggi queste locande non ci sono più. La miseria non è però sparita: è meno diffusa, ma persiste.





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