Indicativo imperfetto – Io non ho paura: soluzioni

Quell’anno il grano era [da essere] alto. A fine primavera aveva piovuto tanto, e a metà giugno le piante erano [da essere] più rogogliose che mai. Crescevano [da crescere] fitte, cariche di spighe, pronte per essere raccolte.
Ogni cosa era coperta di grano. Le colline, base, si susseguivano [da susseguirsi] come onde di un oceano dorato. Fino in fondo all’orizzonte grano, cielo, grilli, sole e caldo.
Non avevo [da avere] idea di quanto faceva [da fare] caldo, uno a nove anni, di gradi centigradi se ne intende poco, ma sapevo [da sapere] che non era normale.
Quella maledetta estate del 1978 è rimasta famosa come una delle più calde del secolo. Il calore entrava [da entrare] nelle pietre, sbriciolava [da sbriciolare] la terra, bruciava [da bruciare] le piante e uccideva [da uccidere] le bestie, infuocava [da infuocare] le case. Quando prendevi [da prendere] i pomodori nell’orto, erano senza succo e le zucchine piccole e dure. Il sole ti levava [da levare] il respiro, la forza, la voglia di giocare, tutto. E la notte si schiattava [da schiatarsi] uguale.
Ad Acqua Traverse gli adulti non uscivano [da uscire] di casa prima delle sei di sera. Si tappavano [da tapparsi] dentro, con le persiane chiuse. Solo noi ci avventuravamo [da avventurarsi] nella campagna rovente e abbandonata.
Mia sorella aveva [da avere] cinque anni e mi seguiva [da seguire] con l’ostinazione di un bastardino tirato fuori da un canile.
“Voglio fare quello che fai tu “, diceva [da dire] sempre. Mamma le dava [da dare] ragione. (…)





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