Foibe

Foibe“Foibe” sono grandi cavità naturali, a forma di pozzo verticale, tipiche del terreno della Venezia Giulia. Sono celebri per essere state teatro di massacri durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la Jugoslavia fu suddivisa tra Italia e Germania che la occuparono.

In queste terre, dominate fin da allora da grandi tensioni etniche oltre che ideologiche, si sviluppò un movimento di resistenza guidato dai partigiani comunisti di Tito, futuro leader jugolsavo, che si scontrarono con gli italiani. Dopo l’8 settembre 1943, cominciarono le prime azioni di rappresaglia dei partigiani di Tito contro gli italiani, come vendetta per le precedenti repressioni subite dal regime fascista. Nell’ondata anti-italiana, però, non furono colpiti soltanto i fascisti, ma gli italiani non comunisti in generale. Le vittime venivano prelevate, torturate e i loro corpi gettati – spesso ancora in vita – nelle foibe, dove, ammassati l’uno sull’altro, si consumava il loro destino.

Le violenze proseguirono anche dopo la guerra, quando Trieste fu contesa da Italia e Jugoslavia: nella zona tra Gorizia, Trieste, Fiume e l’Istria, i titini approfittarono del caos per liberarsi dei loro futuri avversari politici ed etnici, colpendo ancora migliaia di italiani che non avevano niente a che fare con il fascismo: furono massacrati così cattolici, socialisti, liberali o esponenti del mondo economico e civile italiano. Molti italiani scapparono per evitare il massacro (diverse città accolsero i profughi giuliano-dalmati: a Roma c’è un intero quartiere che si chiama “Giuliano Dalmata”, perché negli anni Cinquanta vi si trasferirono duemila profughi).

Per molti anni il tema non è stato mai trattato pubblicamente dalle istituzioni: il governo non voleva compromettere i rapporti con la Jugolsavia, mentre il PCI era imbarazzato dall’appoggio che aveva dato a Tito contro gli italiani. Caduto il Muro di Berlino, dagli anni Novanta, anche dopo una celebre intervista a Milovan Gilas – importante collaboratore di Tito – che ammise le responsabilità, si è cominciato a parlarne con maggiore onestà (anche se spesso molti utilizzano il tema in modo polemico e strumentale contro la sinistra ex-comunista) e ormai tutti in Italia concordano con la necessità di ricordare le vittime di massacri in cui il razzismo e l’odio anti-italiano ebbero un ruolo prevalente.

E’ così che  il Parlamento italiano ha istituito nel 2004 il “Giorno del ricordo“, il 10 febbraio. Il 10 febbraio 1947 infatti fu firmata la Pace tra Italia e Jugoslavia che diede a Belgrado l’Istria, Fiume e Zara, e che segnò l’inizio di un esodo di oltre 250 mila italiani da quelle zone verso l’Italia. La legge per l’istituzione del Giorno del ricordo è stata votata da quasi tutti i partiti italiani, di destra e di sinistra, a indicare che su questa vicenda ormai c’è una posizione comune delle forze democratiche italiane.





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