Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

Questo celebre sonetto di Francesco Petrarca, contenuto nel Canzoniere, è dedicato alla sua amata Laura, che viene richiamata nel primo verso con un gioco di parole “a l’aura”, cioè “al vento”, ma anche “a Laura”. Vediamo l’innamoramento del poeta per lei e Laura ci appare in tutta la sua bellezza, come un angelo. Però vediamo anche l’effetto che il tempo ha su di lei: la donna appartiene al passato. E la bellezza di Laura viene così cambiata e distrutta dalla forza del tempo.

Francesco Petrarca e Laura

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
Che ‘n mille dolci nodi gli avolgea,
E ‘l vago lume oltra misura ardea
Di quei begli occhi ch’or ne son sì scarsi;

E ‘l viso di pietosi color farsi,
Non so se vero o falso, mi parea:
I’ che l’esca amorosa al petto avea,
Qual meraviglia se di subito arsi.

Non era l’andar suo cosa mortale
Ma d’angelica forma, e le parole
Sonavan altro che pur voce umana;

Uno spirto celeste, un vivo sole
Fu quel ch’i’ vidi, e se non fosse or tale,
Piaga per allentar d’arco non sana.

Parafrasi:

I capelli d’oro erano sparsi nell’aria
che li avvolgeva in mille dolci nodi
e la luce bruciava intensamente
in quegli occhi che ora non l’hanno più;

Mi sembrava, non so se è vero o falso
che il suo viso si mostrasse pieno di compassione:
E io che ero pronto per innamorarmi
non vi meravigliate se il mio cuore bruciò subito.

Il suo camminare non sembrava una cosa mortale
ma di un angelo, e le parole
suonavano diverse dalla voce umana.

Uno spirito celeste, un sole vivo
è quello che ho visto, e se ora non fosse più così
la mia felicità non guarirebbe così come non guarisce una ferita di una freccia anche se si rende più lenta la corda che l’ha lanciata.





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