Pizza

pizzaE’ il piatto simbolo dell’Italia: la pizza. Il nome è di origine incerta (compare per la prima volta nel X secolo), forse ha una comune radice con la greca “pita”, ma di certo è un piatto antico: nata come focaccia di pane con diversi ingredienti di complemento, è sempre stata un cibo per i poveri, a causa della sua estrema semplicità. Con l’introduzione del pomodoro, venuto dalle Americhe, è aumentata la sua popolarità, tanto da diventare il piatto più diffuso a Napoli fin dal XVI secolo. La pizza, nelle forme e nei gusti che conosciamo oggi, si è delineata nel XIX secolo. Secondo la tradizione, in occasione di un viaggio a Napoli della regina Margherita di Savoia, nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito ha inventato la “pizza Margherita”, con i tre colori della bandiera italiana: verde (basilico), bianco (mozzarella) e rosso (pomodoro). E’ questa la pizza più popolare e diffusa e da quel momento è nata una tradizione che ha visto numerose varianti (tra cui il calzone), con i contributi dei sapori e delle specialità di ogni parte d’Italia. La pizza napoletana è quella più famosa, con i bordi alti e morbidi, ma altre tradizioni italiane hanno prodotto tipologie diverse: pizza sottile e croccante, pizza al taglio, pizza alla pala. Gli ingredienti sono gli stessi, ma la forma e la modalità di cottura conferiscono un sapore diverso alle varie pizze. Inoltre, negli ultimi anni, per venire incontro alle esigenze e ai palati più diversi, molte pizzerie stanno sperimentando impasti con farine integrali, al kamut e così via.

La pizza non è un piatto dietetico, ma non è nemmeno un piatto pericoloso per la salute (in alcuni paesi è classificata come “junk food”, perché contiene conservanti, grassi e sostanze non salutari, come margarina, burro, uova, zuccheri ecc., che non sono presenti nella pizza italiana). L’importante è cucinarla con gli ingredienti della ricetta originale: acqua, farina, lievito, salsa di pomodoro (non precotto né condito), mozzarella e olio extravergine di oliva. Una pizza margherita standard apporta circa 800 calorie, con molti carboidrati (secondo la tradizione mediterranea) e per questo per gli italiani (che la mangiano in media una o due volte a settimana) è considerata un “piatto unico”: quando si mangia la pizza non si prende altro. Anche se la tentazione di mangiarne due è sempre forte.

Ecco qui sotto un esempio di un prodotto che non è pizza, anche se spesso viene chiamato così:

Questa non è pizza
Questa NON è pizza!

Coccoina

Coccoina è una storica marca di colla, popolarissima tra i bambini italiani prima dell’avvento del formato “stick”. Si tratta di una colla dal gradevole profumo di mandorla, venduta in un contenitore di alluminio con uno spazio per il pennellino. Inventata nel 1927 da Aldo Balma e Adrea Capoduri di Voghera (PV), la sua caratteristica è di non essere pericolosa per i bambini, perché prodotta senza solventi: è a base di destrina di fecola di patate e acqua, glicerina e profumo di mandorla. Oltre che per i lavoretti di scuola, la Coccoina è stata largamente usata dai bambini per incollare le figurine Panini dei calciatori.

Totocalcio

Il Totocalcio è un popolare gioco d’azzardo, nato nel 1946, con protagonista lo sport più popolare in Italia, il calcio. Obiettivo del gioco è indovinare i risultati delle partite (indicando 1 per la squadra che gioca in casa, X per un pareggio, 2 per la squadra che gioca fuori casa). Fino agli anni Duemila, il numero di partite da indovinare era di 13: da qui l’espressione “fare tredici”, nel significato di avere un grosso colpo di fortuna. Il gioco è sempre stato molto popolare, sia per la ridotta cifra che era necessario impiegare per compilare una “schedina”, sia perché, accanto a una buona dose di fortuna, bisognava avere una certa abilità e conoscenza del gioco del calcio per fare previsioni verosimili, fatto che accendeva la competizione tra amici. Inoltre il concorso aiutava il Coni (Comitato olimpico italiano) a reperire fondi. Negli anni Novanta, con l’introduzione di nuovi giochi a premio e con la frammentazione delle partite di calcio (di cui ormai solo una parte esigua, spesso marginale, si svolge di domenica), il gioco è stato sempre più soppiantato da altri concorsi.

Tombola

La tombola è un tradizionale gioco da tavola che è nato a Napoli nel 1734. Si tratta della versione casalinga del già diffuso – ma ancora non permesso – gioco del Lotto. Poiché alcuni ambienti religiosi volevano vietare il gioco d’azzardo, il compromesso che il re di Napoli trovò fu di limitare alle festività natalizie il divieto di giocare al Lotto. Allora i cittadini napoletani si ingegnarono e inventarono un gioco uguale da praticare in famiglia. Da allora in tutte le case italiane, nelle festività natalizie (e in particolare a Capodanno) si gioca alla tombola. Solitamente, per preservare la dimensione ludica e non competitiva, si gioca senza soldi o con piccole cifre simboliche (centesimi). Ogni giocatore ha a disposizione una cartella in cui ci sono alcuni numeri da 1 a 90, disposti in tre righe da cinque numeri ciascuna. Una persona guida il gioco, estraendo i numeri da un bussolotto (originariamente di vimini, con una forma che ricordava il “tombolo”, da cui la denominazione del gioco) e leggendoli ad alta voce (i più bravi associano al numero il corrispondente riferimento alla “smorfia napoletana”). Quando esce il numero che si ha nella propria cartella, lo si copre con un fagiolo o qualche altro frutto secco o legume. Si vince facendo per primi ambo, terna, quaterna o cinquina (cioè due, tre, quattro o cinque numeri sulla stessa riga). Chi copre tutta la cartella fa tombola.

Blue Jeans – Blu di Genova

Jeans - Blu di GenovaNon molti sanno che i blue jeans sono legati all’Italia, come dimostra il nome. Blue jeans infatti è la storpiatura in inglese dell’espressione “Blu di Genova” con cui veniva indicato il particolare tessuto che veniva utilizzato per coprire le merci sulle navi. In seguito questo tessuto è stato indossato dagli stessi marinai perché resistente alle intemperie.
Il termine in lingua inglese è attestato fin dal 1567. Va aggiunto che questo tessuto veniva fabbricato nella città francese di Nimes, da qui il nome Denim, anch’esso famoso.
Lo stesso Giuseppe Garibaldi indossava un paio di “genovesi” nel momento del suo sbarco a Marsala con i Mille e oggi questi pantaloni sono conservati nel museo del Risorgimento a Roma.
La grande diffusione e il successo dei jeans è dovuto però agli statunitensi. Infatti è stato Levi Strauss a creare dei jeans denim con cinque tasche e venderli soprattutto ai cercatori d’oro. E se all’inizio il jeans è per lo più un abito da lavoro, dopo la Seconda Guerra Mondiale, grazie al cinema e al rock’n’roll, l’indumento diventa il simbolo della ribellione giovanile fino a diventare oggetto di interesse per le stesse maison della moda.